I Racconti della Montagna

 

Sotto un cielo diverso

Lassù, sul filo esiguo di cresta avanzavo inebriato, cotto dalla stanchezza e dal sole alto e caldo.

Goccia a goccia, la neve sospesa si perde nelle rigole della roccia, per riapparire oltre in microscopici ruscelletti. Succhio avidamente l’acqua cristallina e solo adesso mi rendo conto di avere la gola riarsa.

Qui, a cavallo della terra e aggrappato al cielo per non cadere, mi sembra di osservare per la prima volta la curva perfetta del pianeta, come se fossi su una grossa palla da biliardo.

Le nubi emergono direttamente dall’orizzonte, il cielo blu scuro sale all’infinito. In realtà non c’e più la terra, ma soltanto una piattaforma dalla quale osservare il cielo, che costituisce i quattro quinti del paesaggio. Ma non è la contemplazione del vuoto! Giù, lontani, i valloni bruni sembrano così vicini, nell’aria tersa, da toccarli con mano; posso vedere i faggi scossi da una leggera brezza spargere intorno le ultime foglie brune, la pernice delle rocce spiccare un volo rumoroso, i cespugli di ginepro, irti e scuri, sbucare dalla neve che si sta sciogliendo.

Mi volto indietro e cerco di seguire a ritroso con lo sguardo, le tracce della salita.

Un ricamo punteggia la neve appena a lato del filo di cresta, si fa fievole nei tratti ghiacciati, poi sembra scomparire lì dove la pendenza cambia bruscamente. Eccola di nuovo, più lontana, sbucare dietro un pinnacolo e a intermittenza apparire e sparire sinuosa, tra le rocce capricciose della cresta. Poi il riverbero intenso della neve sembra nasconderle, ma so che continuano, lassù, su un filo sospeso nel blu, al confine tra terra e cielo.

Un fringuello si esibisce in un frullio d’ali; ...respiro forte. Davanti a questi vuoti abbaglianti lo spirito s’illumina! Sento nascere dentro un desiderio di lasciarmi portar via dal vento. Forse gli uomini delle montagne sono i più vicini alla vertiginosa libertà degli uccelli!

Torno a guardare avanti; la cresta continua bianchissima, cosparsa qua e là di spuntoni e piccoli gendarmi, come un curioso percorso di regolarità. Non scorgo la vetta! ...ma ci sarà una vetta?!

E nella luce abbacinante, in bilico su un cono di neve, mi torna in mente una leggenda delle Terre del Nord: Thoren e la Montagna Infinita; il guerriero reso immortale dagli Dei, ma condannato a salire il monte Uhrem senza mai raggiungerne la sommità! Una scala verso il cielo che s’innalza precipitosa, per proiettarti sempre più verso l’immenso, dove lo spazio e il tempo sono dilatati a dismisura e l’essenza dell’Universo è solo gas e polvere di stelle. Semplicemente non esisti!!

Salgo e scendo. Dossi, pinnacoli e crestine nevose si succedono senza un ordine apparente. L’ambiente è fantastico e le mille sfumature di colore, nella spartana bicromia del bruno delle rocce e del bianco della neve, si completano nell’equilibrio dei chiaroscuri di luci e ombre.

L’aria è ferma, rarefatta e il paesaggio intorno sembra scintillare. Il cielo immenso sembra acquisire un peso irreale e mi sorprendo ad afferrare la roccia rugosa per cercare di ristabilire un equilibrio dei sensi, un sotto ed un sopra. Tasto con circospezione la neve, perché la sensazione del vuoto sembra accentuarsi e scomparire allo stesso tempo. Difficile a descriversi, ...ma avverto intorno a me un capovolgimento della realtà, come camminando sul bordo interno di una grande bolla di sapone. Il filo di cresta si fa sempre più minuscolo, quasi un pezzettino di terra che si libra sussultando nello spazio. Lentamente tendo in avanti la piccozza e ... una vampata di calore sento che s’irradia nella testa. Un formicolio alla radice dei capelli ed un velo sottile, impalpabile, riempie la mia vista nascondendo ciò che resta del paesaggio. Scomparsi sono i precipizi, le balze della parete, gli scivoli nevosi e con essi le colline e le valli lontane. C’è solo il blu, ai lati, sotto, in alto, ovunque!! Contemporaneamente avverto una forza estranea alzare piano una gamba e lo scarpone  protendersi nel vuoto ...a cercare -maledettamente lento- una risposta  tardiva allo stupore che mi assale. Intorno resta solo il blu!”

       Imperlato di sudore mi sveglio di soprassalto e le dita artigliano ancora qualcosa, ma è solo un lembo del sacco a pelo. L’alito che condensa nel buio è un velo di nebbiolina appena, il chiarore della luna è dietro la cresta dentellata, oscura. Che incubo questa notte che non passa mai!!

Giancarlo Guzzardi  © diritti riservati